lunedì 31 dicembre 2012

MENTRE SI ARCHIVIA UN ALTRO ANNO DIFFICILISSIMO PER LE SCUOLE PARITARIE CATTOLICHE…BUON 2013 !



     La speranza di una ripresa generale della scuola cattolica si deve  coniugare  con un rinnovato e serio impegno di tutti all’alba del nuovo anno, che ci auguriamo registri per le nostre scuole un’inversione di tendenza rispetto al 2012, anno in cui è nato anche questo blog che, a oggi, conta in 8 mesi di vita, ben  8629 visite.


    Buon anno a tutte le scuole cattoliche e a tutti coloro che vi lavorano; buon anno a tutte le suore della Carità; buon anno anche agli allievi e alle rispettive famiglie!
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    Il 2012 è stato un altro anno durissimo per tutte  le scuole paritarie cattoliche, confermando in gran parte la linea di tendenza registrata negli ultimi due anni, un anno in cui ben 605 scuole paritarie   non hanno riaperto i battenti.

     Se è vero infatti che  la legge 62 del 2000,  all’articolo 1 afferma che : «Il sistema nazionale di istruzione (…) è costituito dalle scuole statali e dalle scuole paritarie private e degli enti locali» e che, quindi «scuola pubblica» è sia statale che paritaria e che, di rimando, la contrapposizione tra «pubblica» e «private» non ha più motivo di essere o, meglio, è impropria nei termini, è anche vero che i tagli agli aiuti a questo tipo di scuole sono diventati ormai insostenibili.

    A partire dalla legge 62, lo Stato si era impegnato a sostenere le paritarie con uno stanziamento che si è sempre aggirato intorno ai 530 milioni di euro l’anno. Un finanziamento già di per sé sottostimato, ma comunque una risorsa. Nel 2009, tuttavia, questo sostegno è stato dimezzato. Nel 2012  il taglio  è rimasto inflessibile, nonostante gli impegni presi a parole.

   Se consideriamo che la spesa pubblica per ogni allievo della statale è di 6.635 euro e che  per un allievo  della paritaria, invece, l’erario eroga 661 euro (elaborazione Agesc) ci accorgiamo che il risparmio per lo Stato è di 5.974 euro a studente, ovvero, in totale, di 6 miliardi e 334 milioni l’anno.

       Le paritarie  infatti sono in tutto 13.500, di cui circa 9 mila cattoliche o di ispirazione cristiana, frequentate da 727 mila studenti. Spiccano per numero le scuole dell’infanzia, con 6.610 istituti e 443 mila allievi. Vale a dire che in Italia due bambini su cinque di 3-6 anni scelgono la scuola dell’infanzia cattolica . Molte meno sono le altre classi di scuole: le superiori sono 621 istituti, con 61 mila studenti; le primarie (elementari) sono 1.130, con 156 mila bambini. Le secondarie di I grado (medie), infine, sono 3.178, con 67 mila alunni.

     L’aridità di queste cifre purtroppo si coniuga benissimo con l’aridità della politica governativa anche verso le altre necessità delle scuole (sia delle paritarie che delle statali): urgenza di formazione del personale; imprescindibilità di direttive chiare e uniformi; tempestività negli adempimenti a livello centrale (vds il grave ritardo con cui è stato emanato il regolamento attuativo delle Nuove indicazioni nazionali per la scuola dell’infanzia e del primo ciclo), sblindatura delle risorse europee per un loro ottimale utilizzo da parte di tutte le scuole meritevoli, sia statali che paritarie, in quanto, appunto tutte scuole pubbliche, ma soprattutto reale volontà di sganciare la scuola da ogni forma possibile di contraddizione o di condizionamento politico.

martedì 25 dicembre 2012

BUON NATALE a tutte le scuole cattoliche!

        Buon Natale a tutte le scuole cattoliche che operano nelle aule, per le strade, al caldo e al freddo, per i sentieri del mondo: in quello più ricco e sfaccendato, in quello più dolente e operoso.
      Buon Natale a tutti i docenti , gli educatori, gli operatori di educazione, a coloro che si spendono senza riserve, ma anche a coloro che temono di spendersi interamente e che hanno più bisogno di tutti del nostro aiuto.
       Buon Natale  agli allievi, alle loro famiglie. Buon Natale agli allievi in cerca di famiglie e di calore e di istruzione e di...pace.

martedì 18 dicembre 2012

PAKISTAn: una palestra di carisma per lo stile educativo di Jeanne Antide Thouret

Lahore: l'opera delle Suore della Carità, per dare un futuro a bambini e tossicodipendenti

Riprendiamo un recente servizio di Asianews sull'opera delle Suore della Carità in Pakistan.

Dal loro arrivo, nel 1982, le religiose hanno valorizzato l'educazione, promosso la cura pastorale, dato una casa ai disabili e curato le dipendenze da droghe. Nelle scuole rette minime o studio gratuito per i figli di famiglie povere. Superiora regionale invita i sacerdoti a potenziare l'insegnamento della catechesi.

Lahore (AsiaNews) - Valorizzare l'educazione fra i giovani, promuovere la cura pastorale, aiutare i tossicodipendenti e prendersi cura di disabili ed emarginati dalla società. Sono solo alcune fra le moltissime attività avviate negli anni dalle Suore della Carità di Santa Giovanna Antida Thouret (Sdc), giunte per la prima volta in Pakistan nel 1982 sotto la guida di sr. Anna Sammut. Le religiose hanno scelto Lahore (nel Punjab) come base di appoggio, occupandosi all'inizio di incentivare lo studio e l'istruzione fra i bambini poveri di Shahdara Bagh, un sobborgo a nord della città, situato sulla sponda settentrionale del fiume Ravi. A raccontare ad AsiaNews il loro lavoro oggi è suor Hend Salloum, prima superiora regionale delle Sdc in Pakistan. Arrivata nel 2001 da Damasco, in Siria, in precedenza aveva prestato la propria opera anche in Libano, Egitto, India e sull'isola di Malta.
Attraverso l'educazione, sottolinea la suora, anche i minori nati in famiglie povere possono conquistare un proprio spazio fra le mura domestiche e nella società. Per raggiungere l'obiettivo è importante promuovere un lavoro di pastorale, che favorisca lo sviluppo integrale dei bambini. Dopo anni sono gli stessi genitori che si rendono contro dell'importanza dello studio e "fanno tutti gli sforzi possibili" per consentire ai figli di studiare. E proprio a Shahdara, dove è sorto il primo centro, le suore hanno predisposto agevolazioni e aiuti per le famiglie numerose, perché tutti i bambini abbiano accesso e diritto allo studio.
Suor Hend Salloum spiega il lavoro delle religiose a Lahore, nel campo della pastorale e dell'educazione, unita alla gestione di un centro per disabili mentali - ospita donne e bambini - chiamato Dar-ul-Krishma e situato nel sobborgo di Youhanabad. Alle famiglie che non hanno risorse sufficienti per mandare i figli a scuola, aggiunge, garantiamo un'istruzione gratuita oppure chiediamo solo una retta minima. "La scuola - afferma suor Hend - è di grande aiuto per la Chiesa locale in Pakistan".
A Faisalabad, invece, sorge un centro per tossicodipendenti che organizza incontri e iniziative per donne e ragazze con problemi di droga. Ad alcune di loro è fornito anche un alloggio e la possibilità di proseguire negli studi, per cercare di costruirsi una vita migliore. Alla Baji Mariam, questo il nome dell'istituto fondato da una missionaria originaria di Malta, si prendono cura di un centinaio di ragazze - all'inizio erano una ventina - grazie alla dedizione delle religiose e delle loro collaboratrici. Spesso accade che la polizia consegni delle ragazze alle suore, non sapendo a chi affidarle. E anche i sacerdoti, in caso di bisogno, sanno di poter contare sull'aiuto e l'opera solerte Suore della Carità.
Ma il punto centrale, conclude suor Hend Salloum, ruota attorno alla formazione religiosa delle persone; per questo lancia un invito a sacerdoti e religiosi, perché siano "più appassionati" e vigorosi nel lavoro pastorale e nell'insegnamento del catechismo.
 

domenica 9 dicembre 2012

SEMINARE CULTURA E CIVILTA'...!


     Gli Orientamenti Pastorali dell’Episcopato italiano, per il decennio 2010/2020 dal titolo: “Educare alla vita buona del Vangelo”  ci interpellano più che mai in quest'ultimo scorcio del 2012 intri8so da crisi economica galoppante, ma soprattutto da una tremenda crisio di coscienze e ci i invitano a prendere  atto che: l’educazione è :
  • arte sublime e delicata
  • sfida culturale
  • dimensione costitutiva e permanente della missione della Chiesa
La Chiesa è chiamata non ad un’educazione vaga ma
all’: EDUCAZIONE ALLA VITA BUONA DEL VANGELO per…
  1. seminare cultura e civiltà
  2. CRISTO
  3. formare persone solide, capaci di collaborare con gli altri e di dare un senso alla propria vita
Prendendo a modello lo stile educativo di Dio (Dt 32, 10-12) che trova, circonda, alleva, custodisce, prende, solleva, guida e di Gesù ((Mt 23,8) unico Maestro, mentre tutti gli altri sono fratelli.
La chiesa è la scuola dove Gesù insegna (Clemente Alessandrino) , tra i compiti educativi della Chiesa:
  • la cura del bene delle persone
  • educare al gusto dell’autentica bellezza della vita, sia nell’orizzonte proprio della fede, sia come prospettiva pedagogica e culturale aperta a tutti
  • formare in ciascuno l’intelligenza, la volontà e la capacità di amare, perché ogni individuo abbia il coraggio di decisioni definitive
  • aiutare a penetrare il senso della realtà, valorizzandone tutte le dimensioni, immettendovi germi di resurrezione capaci di rendere buona la vita, di superare il ripiegamento su di sé, la frammentazione ed il vuoto di senso che affliggono la nostra società.
Anima dell’educazione, come dell’intera vita, è “una speranza affidabile”, la cui sorgente è Gesù risuscitato da morte (a fronte della odierna crisi imperante dell’educazione che si può definire una crisi di fiducia nella vita)
Importante, per noi Chiesa, è leggere i segni dei tempi alfine di porci accanto ad ogni uomo condividendone le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce,diventando così solidali con la storia del genere umano.

giovedì 6 dicembre 2012

IN PREPARAZIONE AL I VENERDI DI DICEMBRE...


   In prossimità del I venerdi scolastico di dicembre vogliamo meditare con il cardinale Arcangelo Scola la funzione dell'educatore secondo il vescovo di Milano Ambrogio: l'educatore che conosce bene il popolo che gli è affidato e ad esse fa pieno dono di sè:



«Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore» (Vangelo, Gv 10,14-15). In questo passaggio evangelico le due parole, così come, sono decisive.
     Stabiliscono un nesso tra la forma di conoscenza reciproca che avviene tra Gesù ed il Padre e quella tra Gesù, Buon Pastore, e noi. Da questa conoscenza scaturisce il dono totale di sé . Conoscenza reciproca e dono di sé generano l’amore oggettivo ed effettivo.
      La nostra fede ce lo mostra nella persona e nella vita di Gesù che, vigilanti, aspettiamo in questo tempo di Avvento. Gesù è Misericordia, il vertice dell’amore, donata dal Padre per la potenza dello Spirito Santo a tutti gli uomini. Siccome Gesù ci conosce e si dona a noi, anche noi, nonostante i nostri limiti, possiamo farne esperienza.
     Per esempio la famiglia, l’unione stabile, fedele e aperta alla vita tra l’uomo e la donna, ad un tempo Chiesa domestica e cellula fondamentale e irrinunciabile della società, ci educa al “bell’amore”.


   Cosa c'è di più grande per un educatore che conoscere uno ad uno i propri allievi nella loro dimensione di creature bisognose di guida?

   Copsa c'è di più grande che   fare ad essi pieno dono di sè, appunto, come educatore?

lunedì 26 novembre 2012

FINALMENTE FORMALIZZATO IL REGOLAMENTO APPLICATIVO DELLE NUOVE INDICAZIONI NAZIONALI SULLA SCUOLA DELL'INFANZIA E DEL I8 CICLO

         Con comunicazione odierna del M.I.U.R. viene data pubblicizzazione al Nuovo Regolamento, datato 16 novembre scorso, con cui si dettano disposizioni circa l'applicazione delle Nuove Indicazioni Nazionali per la Scuola dell'Infanzia e del I ciclo d'Istruzione.
      Il Regolamento,  che diventa ufficiale dalla data della sua prubblicazione sulla G.U., che ripropone integralmente il testo delle Indicazioni Nazionali (bozza di settembre approvata dal C.N.P.I.) riportato integralmente nella sezione Documenti di questo blog ( link a fianco a dx), prevede, in particolare che :

  •  limitatamente a quest'anno scolastico i collegi dei docenti possano utilizzare solo le parti delle nuove indicazioni nazionali compatibili con il P.O.F. già elaborato;
  • le discipline di insegnamento sono: Italiano, lingua inglese, seconda lingua comunitaria, storia, geografia, matematica, scienze,musica, arte e immagine, educazione fisica (rispunta la "vecchia" denominazione della disciplina), tecnologia nonchè "Cittadinanza e Costituzione";
  • un comitato tecnico-scientifico, costituito con decreto del M.I.U.R. saràincaricato di indirizzare, siostenere e valorizzare le iniziative di formazione e di ricerca per aumentare l'efficacia dell'insegnamento in coerenza con le finalità e i traguardi previsti nelle nuove Indicazioni Nazionali;
  • sono avviate dall'Amministrazione scolastica iniziative di formazione del personale e un sistema di monitoraggio delle esperienze che consenta di raccogliere dati e osservazioni per il miglioramento dell'efficacia del sistema di istruzione e per successivi eventuali aggiornamenti delle Indficazioni stesse;
  • a partire dall'anno scolastico 2014/2015 occorrerà adeguare i contenuti dei libri di testo  destinati alle scuole del I ciclo alle nuove Indicazioni Nazionali.


mercoledì 14 novembre 2012

In attesa del regolamento sulle NUOVE INDICAZIONI NAZIONALI: nuove speranze e vecchie perplessità


      Siamo ancora in attesa del documento regolamento ministeriale, che a conclusione dell’iter di revisione dell’assetto ordinamentale, organizzativo e didattico della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione, introdurrà nel mondo della scuola le nuove indicazioni nazionali, sulle quali il 12 ottobre scorso il Consiglio di Stato ha espresso parere favorevole (n. 4265) .


      E’ inevitabile dunque , oltre che utile, porsi fin da ora sull’utilità e sull’utilizzo di tale documento un interrogativo di fondo: che rapporto c’è tra l’autonomia scolastica e la standardizzazione su scala nazionale degli obiettivi generali del processo formativo e specifici di apprendimento. In altre parole: perché ogni scuola non può stabilire in piena autonomia i suoi obiettivi?

      Nello schema delle nuobve Indicazioni nazionali viene richiamata l’autonomia delle scuole, come si legge nel capitolo dedicato alle Finalità generali: “L’ordinamento scolastico tutela la libertà di insegnamento (articolo 33) ed è centrato sull’autonomia funzionale delle scuole (articolo 117)” e contemporaneamente l’intenzione di “fissare gli obiettivi generali, gli obiettivi di apprendimento e i relativi traguardi per lo sviluppo delle competenze dei bambini e dei ragazzi per ciascuna disciplina o campo di esperienza”.

      Dunque la questione non è risolta (probabilmente non si risolverà mai, a meno che non venga abolito il valore legale del titolo di studio che necessariamente impone a tutti gli studenti italiani il raggiungimento di obiettivi comuni e standardizzati).

     Però viene indicata una strada interessante a chi volesse essere protagonista dell’impostazione della sua scuola: “le Indicazioni costituiscono il quadro di riferimento per la progettazione curricolare affidata alle scuole. Sono un testo aperto, che la comunità professionale è chiamata ad assumere e a contestualizzare, elaborando specifiche scelte relative a contenuti, metodi, organizzazione e valutazione coerenti con i traguardi formativi previsti dal documento nazionale” (così si legge nel capitolo L’organizzazione del curriculo). A dire: lo Stato fissa dei traguardi standard per tutti gli studenti italiani, ma lascia la libertà ai singoli istituti e ai singoli docenti di scegliere, inventare, testare contenuti e metodi per raggiungerli. Certo, una libertà condizionata, concessa dall’alto, ma al contempo un invito per i docenti a riappropriarsi delle proprie discipline, dei saperi che introducono i giovani alla conoscenza della realtà e di sé stessi.

      Due gli aspetti meritevoli di riflessione che le nuove Indicazioni suggeriscono tra le righe: la verticalità e l’interdisciplinarità.

      La scuola del primo ciclo viene presentata in un unico capitolo nelle Indicazioni, a dire che il percorso che porta dall’ingresso nella scuola primaria alla scelta degli indirizzi di studio di quella superiore non può non essere pensato unitariamente. Ciò non significa che i due segmenti scolari (la scuola primaria e quella secondaria di I grado) non abbiano una loro specificità, motivata innanzitutto dalle differenti esigenze del bambino e del ragazzo, tant’è che obiettivi e traguardi vengono nel testo differenziati. Però è importante che dirigenti e docenti di tali scuole, spesso coesistenti nello stesso plesso e facenti parte di istituti comprensivi, inizino a confrontarsi, a progettare insieme, anche semplicemente iniziando a raccontarsi l’un l’altro.

       Un curriculum allora, prima di diventare un testo programmatico, consiste nella comune riflessione sull’esperienza didattica e formativa che i docenti quotidianamente fanno nelle loro aule. A tale riflessione il dirigente dovrebbe innanzitutto dar tempo e spazio, magari liberando i suoi docenti da tante incombenze burocratiche e invitandoli a dialogare tra loro e ad attestare le loro riflessioni e scoperte. Questa è la via privilegiata anche per realizzare nella propria scuola l’interdisciplinarità, che non nasce da un forzoso abbinamento di discipline (in tal senso le nuove Indicazioni fanno un passo avanti rispetto alle precedenti, eliminando il raggruppamento delle discipline in aree), né da un programmatico adeguamento della propria disciplina al raggiungimento di traguardi comuni, bensì dall’approfondimento di contenuti e metodi di ciascuna disciplina.

domenica 11 novembre 2012

"...La cosa più importante nell'educazione non è un “affare”di educazione, e ancora meno di insegnamento..."


         Davanti all’indifferenza che, di fatto, si respira oggi anche nelle nostre scuole cattoliche , ma anche  nelle nostre parrocchie, viene da domandarsi se l’educazione sia ancora un valore di per sé e, come tale, irrinunciabile, oppure non sia soltanto uno dei tanti valori aggiunti alla preoccupazione dello “stare bene “ della persona e nulla di più.
       Jacques Maritain ha scritto che «La cosa più importante nell'educazione non è un “affare”di educazione, e ancora meno di insegnamento», perchè «l’esperienza, che è un frutto incomunicabile della sofferenza e della memoria, e attraverso la quale si compie la formazione dell'uomo, non può essere insegnata in nessuna scuola e in nessun corso».
        La categoria di esperienza – assunta nella sua integralità, una volta sgombrato il campo da ogni riduzione psicologico-soggettivistica del termine- è dunque il cardine della proposta educativa.
        L’esperienza integrale può garantire il processo educativo perché garantisce lo sviluppo di tutte le dimensioni di un individuo fino alla loro realizzazione integrale, e nello stesso tempo l’affermazione di tutte le possibilità di connessione attiva di quelle dimensioni con tutta la realtà.
        Una simile impostazione, ad un tempo teoretica e pratica, mette subito in campo la natura inter-personale del processo educativo. Educatore ed educando sono considerati come liberi soggetti coinvolti in un rapporto modulato dall’imporsi del reale. La realtà, con il suo insopprimibile invito ad affermarne il significato, chiama la libertà al rischio del coinvolgimento. Per questo si può parlare del dialogo educativo in termini di avventura, un’impresa rischiosa e
affascinante. 
         Papa Benedetto non trascura mai di mettere  in evidenza il rapporto tra la testimonianza della fede e l’educazione affermando anche : “Perché l’esperienza della fededell’amore cristiano sia accolta e vissuta e si trasmetta da una generazione all’altra, una questione fondamentale e decisiva è quella dell’educazione della persona.
        D’altronde ’ emergenza educativa attuale , di cui tutti parlano a dismisura, ma di cui pochi sembrano farsi ormai carico, impone  la necessità di un rinnovato protagonismo e investimento educativo capace di riprogettare percorsi, itinerari e metodi formativi che interessino trasversalmente tutti gli ambiti della vita privata e comunitaria con particolare riferimento ai compiti delle diverse agenzie educative.
          Il compito educativo interessa in modo trasversale i vari ambiti dell’esperienza umana: dall’affettività alla cittadinanza, dalla catechesi alla scuola, dal lavoro e dal tempo libero ai mezzi della comunicazione di massa.
              I Vescovi nell’individuare i soggetti della sfida educativa , dicono che “L’impegno educativo della Chiesa italiana è ampio e multiforme: si avvale della crescente responsabilità di molte famiglie, della vasta rete delle parrocchie, dell’azione preziosa degli istituti religiosi e delle aggregazioni ecclesiali, dell’opera qualificata delle scuole cattoliche e delle altre istituzioni educative e culturali, dell’impegno profuso nella scuola dagli insegnanti di religione cattolica.(…) Per rendere maggiormente efficace questa azione, non va sottovalutata l’importanza di un migliore coordinamento dei soggetti educativi ecclesiali, le cui originalità potrebbero trovare un luogo di collegamento e valorizzazione in un forum nazionale delle realtà educative”. 
            L’opera educativa incontra oggi, in un clima caratterizzato dalla crisi dell’umanesimo occidentale e dominato dal relativismo nichilista, una serie di difficoltà ..Qualcuno ha affermato che la nostra è una società non solida ma “liquida”, non monocentrica ma policentrica, non statica,m a dinamica. Viviamo in un villaggio globale con una miriade di aeropaghi e in unamegalopoli virtuale dove esiste una folla solitaria che comunica attraverso i blog e i siti internet checostituiscono quello che ormai viene definito il sesto potere. In una società che non è più caratterizzata dal riconoscimento di valori comuni, si attenuta la capacità educativa della famiglia e la scuola è ridotta a punto confuso di incontro e di scontro di pluralismi dispersi e di anonimato culturale.
            Se prima si poteva parlare di gioventù “bruciata” da tante esperienze più o meno ideologiche ,oggi sembra che diversi giovani siano “spenti” , senza radici, senza capacità di porre domande radicali, senza slancio, senza impegno, disorientati, qualunquisti, robot specializzati nell’uso del computer , del telefonino e dei videogiochi , ma incapaci di porsi domande sul perché di quello che sono e che fanno.

sabato 27 ottobre 2012

C’E’ UNA MALALA NELLA SCUOLA ITALIANA (COMPRESA QUELLA PARITARIA CATTOLICA)?



     In Pakistan a settimana scorsa i taleban hanno sparato alla testa a Malala Yousafzai. Malala è una ragazzina di 14 anni che, a quanto riportano i media, ha mostrato un irriducibile amore per lo studio: per sè e per le ragazze come lei. I taleban hanno considerato questa attività come una minaccia al loro stile di vita e alla prevalenza della loro ideologia. Perciò hanno deciso di uccidere la quattordicenne, affinché servisse da esempio alle altre.  
     Paradossalmente il Pakistan, malgrado le terribili ideologie imperanti, malgrado i suoi riti e i suoi bagni di sangue, è forse più evoluto della nostra terra  e della nostra scuola , dove una Malala non la trovi a peso d’oro:


     Scuola italiana(statale e paritaria) 2012: lo studio da parte dei ragazzi e delle ragazze è al 90 % conformismo e consuetudine, è solo viaggio imbellettato da e per la scuola, un’improbabile scuola dopo gli ultimi decisivi colpi assestatile dai Piani Regionali di dimensionamento scolastico , che hanno  partorito orribili mostri,  e dopo le stoccate del ministro Profumo che ha ulteriormente impoverito o spazzato via quel poco che restava nell’economia dell’ istruzione, specialmente nelle scuole paritarie. Una scuola povera, inerme, inutile, che alimenta ritualità ripetitive, che parla di curriculum e continua a insegnare disordinati contenuti scimmiottati soltanto dai costosissimi libri di testo. Una scuola statale  che si abbevera  abbondantemente ai fondi europei per improbabilissimi progetti ai fondi europei, ma non riesce a creare  una cultura, una dimensione altermativa alla mentalità  consumistico-mafiosa di sempre. Una scuola paritaria che, pur non potendosi assolutamente abbeverare agli stessi fondi, tende  comunque a riprodurre  pedantemente gli errori,  le inadempienze e le stereotipie della scuola statale.
 
   Vorremmo nella nostra Scuola italiana  non una, ma cento, mille Malale, certamente non per sparare loro addosso o   per delegare loro ciò che noi adulti non siamo riusciti e non riusciamo a costruire perché non ne abbiamo voglia,  ma per svegliare gli adolescenti e i giovani di questa Italia spendacciona e arrogante , suonare loro la tromba dell’anticonformismo contro il conformismo delinquenziale sempre più sfacciato, organizzarli a chiedere i loro diritti e tra tutti soprattutto quello di studiare, studiare, studiare sul serio!
  
    Vogliono  almeno  le Chiese particolari  per un momento scendere dai loro rituali convegnistici e avvicinarsi realmente alle ferite di questa terra? In chiusura del mese missionario forse potremmo tutti almeno assumere consapevolezza che la terra di missione ( la nostra stessa scuola e le famiglie che gravitano intorno ad essa) ce l’abbiamo sotto il naso, perché è terra di sopruso, di mille povertà, terra di dominio protervo di potentati ormai evidentissimi , ma che  ci si ostina, malgrado tutto, ancora a non vedere.

sabato 20 ottobre 2012

LA SCUOLA PARITARIA DELL'INFANZIA, UNA RISORSA PER TUTTI, MA PRINCIPALMENTE PER LO STATO...


     "La recente polemica in coincidenza con la spending review che condizionerà l’organizzazione funzionale del servizio scolastico ha fatto travisare il finanziamento di 200 milioni di euro alle scuole paritarie, previsto dalla Legge 62/2000 concepita come attuazione dell’Art. 33 della Costituzione. L’annunciato finanziamento risulta notevolmente ridotto rispetto alle previsioni, in relazione ai servizi prestati e se verrà confermata l’assegnazione per il 2013 di 200 milioni di euro la scuola paritaria subirà l’ennesimo taglio, pari a 60 milioni di euro, rispetto al contributo storico, pur continuando ad accogliere nelle scuole dell’infanzia circa 660.000 bambini, cioè il 43% di tutto il servizio nazionale.
   In questa situazione, non poche scuole dell’infanzia, associate alla FISM (Federazione Italiana Scuole Materne), si vedranno costrette a cessare il servizio, con grave disagio nell’ambito delle 600.000 famiglie, alle quali, anche per il delicato momento storico di crisi economica generale, non si possono chiedere incrementi di rette.
    A ciò si aggiunge anche il rischio della perdita del posto di lavoro tra i 44.000 addetti delle scuole della Federazione e alla chiusura di tante scuole cattoliche anche storiche.
In un momento di crisi generale occorre anche fare i conti con obiettività.
     La spesa annua dello Stato per le scuole dell’infanzia nella scuola statale per un posto alunno è superiore a € 6.500,00, mentre nella scuola paritaria il contributo economico medio per alunno lo scorso anno scolastico è stato pari a € 451,25.
Dinnanzi a tale differenza di costi cosa conviene fare? Il contributo alle scuole paritarie fa certamente risparmiare al momento ben quattro miliardi di euro.
     Risulta poco produttiva la discussione sul “senza oneri per lo Stato” e la ripresa dei discorsi del Calamandrei circa la difesa della scuola statale, che indubbiamente occorre sempre difendere e garantire nel servizio e nella qualità. La riduzione del personale scolastico costituisce certamente una grave perdita e segno tangibile di una crisi generale, specie dopo gli anni dell’abbondanza e del surplus.
Ora riesce difficile rientrare nel contenimento della spesa e nella garanzia di una significativa qualità dell’istruzione e della formazione.
     Non si consideri l’intervento di sostegno alle scuole paritarie una “umiliazione” delle scuole statali, come ha scritto Nadia Urbinati su La Repubblica, occorre, invece, una fattiva cooperazione e positiva crescita nella prestazione del servizio scolastico e formativo. Di contro, si legge su Italia oggi: ”103 milioni per i libri gratis agli alunni delle scuole statali e 260 milioni in meno alle scuole paritarie” ed i giornalisti sembrano quasi voler fare i cronisti di una gara tra chi vince e chi perde, mentre si tratta sempre di ragazzi che vanno a scuola ed hanno il diritto all’istruzione,che certamente vengono privati o mortificati nell’esercizio pieno del diritto all’istruzione.
     Occorrerebbe far maturare tra i cittadini il senso della corresponsabilità nella gestione della educativa e formativa della scuola che va ben oltre i formali “organi collegiali” e dovrebbe investire tutti i cittadini fruitori del servizio scolastico nel garantire qualità ed efficienza, ricorrendo, ove necessario al “contributo volontario” delle famiglie, anche delle scuole statali, garanzia di successo per determinati servizi, quali il tempo prolungato, la refezione scolastica, e le attività di ampliamento dell’offerta formativa.
     La scuola appartiene a tutti, ed è prospettiva e garanzia di una società migliore, quindi non ci dovrebbero essere barriere ed ostacoli a garanzia del suo buon funzionamento.
    Quando lo Stato o gli Enti locali non rispondono, occorre intervenire per sollecitare e reclamare i diritti, ma nello stesso tempo, a garanzia dei servizi necessari per gli studenti, occorre darsi da fare per assicurare ai propri figli un banco, una sedie ed un’aula scolastica pulita ed ordinata. I tempi della scuola non corrispondono ai tempi delle amministrazioni ed il primo settembre comincia il nuovo anno scolastico, anche se ancora manca la delibera per gli arredi scolastici. E allora cosa fare? I ragazzini si siedono per terra perché rimasti senza banchi?
    Oltre a lamentare la cattiva attenzione verso la scuola, che senza “c” si legge “suola” e quindi viene calpestata e trascurata, occorre risolvere i problemi e la cooperazione dell’intera comunità scolastica, di cui i genitori sono parte attiva, è quanto mai urgente e indispensabile, risolvendo anche con azioni di supplenza le carenze delle amministrazioni locali.
     Il beneficio di ciò ricade sui ragazzi, i quali non hanno alcuna colpa della crisi e della cattiva gestione della res publica, ma ne potranno costruire una nuova, anche grazie ad una formazione integrale e ricca di un forte senso civico."(G.Adernò - Zenith org.)

martedì 9 ottobre 2012

LA FEDE: UN PRESUPPOSTO PERFINO NEGATO!...(e nelle nostre scuole...?)


   "Capita ormai non di rado che i cristiani si diano maggior preoccupazione per le conseguenze sociali, culturali e politiche del loro impegno, continuando a pensare alla fede come un presupposto ovvio del vivere comune. In effetti, questo presupposto non solo non è più tale, ma spesso viene perfino negato. Mentre nel passato era possibile riconoscere un tessuto culturale unitario, largamente accolto nel suo richiamo ai contenuti della fede e ai valori da essa ispirati, oggi non sembra più essere così in grandi settori della società, a motivo di una profonda crisi di fede che ha toccato molte persone. (Benedetto XVI, Motu proprio Porta fidei per l’indizione dell’anno della fede, 11 ottobre 2011, n. 2)

       L'affermazione netta e cruda del Papa ci interpella molto da vicino  in questa  vigilia dell'apertura dell'Anno della Fede sia come credenti sia come operatori di scuole cattoliche.
           Per quest'ultima dimensione  ci siamo date alcune indicazioni di massima (Cfr. thread del 28 luglio scorso su questo stesso blog) che, certo, non esauriscono affatto la preoccupazione di individuare modi, mezzi e soprattutto tempi giusti per realizzare anche all'interno delle nostre scuole dei percorsi  di evangelizzazione gradevoli ed efficaci in sintonia con quanto ci viene richiesto nel documento pontificio. Ci domandiamo però, alla luce dell'afffermazione di Benedetto XVI riportata in esordio, fino a qual punto siamo consapevoli della deriva e della "crisi di fede" in cui potrebbero versare molti dei nostri allievi e le rispettive famiglie.
        Non si equivochi! Non abbiamo la pretesa di trasformare le nostre scuole sic et simpliciter in scuole di evangelizzazione, ma sicuramente, sia pure in termini ampi e variegati, la missio ad gentes è anche missio ad discipulos, missio ad parentes, missio ad nos...!
        Non possiamo sottoutilizzare la grande portata evengelizzatrice di un'azione educativa seria, improntata ai valori dell'empatia gratuita, della pura  condivisione dei problemi personali di chi ci è affidato, della promozione umana come promozione degli ultimi e dei primi senza differenze aggiuntive, ma semmai...con molti valori aggiunti!
        Non possiamo rinunciare al ruolo di educatori cristiani e sempre più consapevoli, pur tra le immani difficoltà che siamo costretti ad affrontare ogni giorno, perchè magari "preoccupati delle conseguenze sociali, culturali e politiche del nostrio impegno...continuando a pensare alla fede come a un presupposto ovvio del vivere comune".
        E' un presupposto tutt'altro che scontato  sia all'interno delle nostre classi, sia all'interno dei nostri organi collegiali, anzi "spesso viene perfino negato"...!
      Essere  o diventare consapevoli di questo fenomeno, magari anche in modo non indolore.., potrebbe essere già una conquista.
        Le terapie verrebbero dopo: anzitutto il Vangelo e le Linee educative tracciate da Santa Giovanna Antida , subito dopo e  accanto ad essi la somministrazione quotidiana, e a dosi massicce, di tanta professionalità,  tanta preparazione pedagogica, tanta serietà di intenti, tanto coraggio e voglia di affrontare le situazioni problematiche, tanto dono di sè nella quotidiana dinamica educativa.
          E' una ricetta  proprio anacronistica?
          Buon Anno della Fede a tutti!

mercoledì 3 ottobre 2012

PREPARANDOCI AL PRIMO VENERDI DI OTTOBRE...


       In preparazione al primo venerdi di questo mese, il primo dei nove che ci saranno regalati in quest'anno scolastico, vogliamo umilmente fornire a tutte le scuole " antidiane" che ci seguono su questo blog una traccia possibile di riflessione, corredata da canti significativi, da proporre alle classi , alle quali, singolarmente o insieme con altre, a seconda delle disponibilità degli spazi,  ci si augura, verrà riservato in tutte le nostre scuole un tempo  mensile di almeno 30/40 minuti di adorazione silenziosa e animata.
       Sarà un modo dolcissimo per  vivere e scambiare generosamente i frutti immancabili di quest'anno della Fede, a partire da questo primo mese, non a caso, mariano per eccellenza.

     "Seduto qui, davanti a quest'Ostia Santa, la mia mente vola lontana… Una calda mattinata a Cafarnao. Tanta gente e il Maestro che parla di mangiare e bere il suo corpo e sangue. Persone che si ribellano alla “durezza” del linguaggio e Lui che imperturbabile continua dicendo che il suo corpo è vero cibo e il suo sangue vera bevanda e che per avere la vita eterna bisogna mangiare e bere il suo corpo e sangue: non c’è alternativa.
       Tutti se ne vanno (la storia è nota) restano solo gli apostoli: se li era scelti ad uno ad uno ed erano appena tornati, carichi d’entusiasmo, dall’annunciare il Regno. Voleva bene a quegli uomini. Saranno la continuazione della sua presenza e la garanzia di diffusione del suo messaggio, del Lieto Messaggio. Ci teneva a quegli uomini. Eppure: “Volete andarvene anche voi?” Essere mangiato, bevuto, è molto più importante che avere gli apostoli.
      Mi rendo conto di essere distratto, ma ormai non riesco più a seguire il padre …
      Quella Presenza sull’altare, circondata di luce, di fiori e soprattutto di affetto, è una Presenza inquietante.
Eppure “LUI” non ha mai detto adoratemi nei segni del Pane e del Vino; non ha mai detto portatemi in processione nelle vie dove abitate, davanti alle vostre case: cose bellissime e significative certamente, cose che ti prendono dentro e ti fanno sognare… Cose alle quali è bello partecipare: ti senti insieme a Lui, te lo trovi davanti alla porta di casa come un amico che vuole stare con te, condividere con te…
      Però ha detto “chi non mangia…, chi mangia…” proprio così ce lo racconta Giovanni cioè prima al negativo e poi al positivo: chi vuole avere la vita eterna deve mangiare il suo corpo e bere il suo sangue: non ci sono altre vie.
     Ormai la mia distrazione va a ruota libera.
    La provocazione di mangiare “la mia carne che è vero cibo” e “bere il mio sangue che è vera bevanda” forse oggi non è più una provocazione. Eppure rimane davanti a questo pane, il punto interrogativo! Come ho speso la mia vita? E se ho fatto scelte non consone alla mia fede, non mi accosterò a mangiare. Magari dirò che non mi sono confessato. Ma questo è porre la questione nel modo sbagliato e, posta così, non mi cambia la vita. 
      Il modo giusto penso che sia non mi accosto perché ho peccato. Allora è il peccato, la testimonianza di vita sbagliata che dovrò correggere e non il fatto che Dio è misericordios0o e mi accoglie nel sacramento del perdono. La confessione non è in vista della comunione ma perché abbiamo bisogno di essere accolti, perdonati, siamo infatti capaci di peccare: siamo uomini, appunto, e il “pane degli angeli” come ci ricorda san Tommaso, è il nostro cibo, il pane degli uomini in cammino verso Dio, cioè degli uomini capaci si di peccare ma anche di chiedere perdono perché desiderosi di arrivare al banchetto del Regno.

     Penso alle catechesi di quand’ero bambino “non masticate l’ostia ma deglutitela”: e il mangiare?
   Penso al precetto “udire la messa la domenica” (un tempo nel catechismo era scritto così e così, giustamente(!), c’insegnavano. Oggi il Catechismo porta “partecipare”) udire, quindi neanche “ascoltare” la Messa, cioè la cena. E già quella del Signore è una cena da udire, non da mangiare.
    E poi “prendete e mangiatene tutti” dice il prete. Vai a vedere e ti accorgi che tutti non vuol dire tutti e, anzi, se tutti, proprio tutti, facessero la comunione ci si meraviglierebbe: come a dire che ci si meraviglia che gli invitati a cena mangino. Che cose strane! Quanti attentati hanno subito questo sacramento e la cena dove il pane diventa Corpo ed il vino Sangue di Gesù.
     Si deve persino spiegare che l’ostia: quel cerchietto bianco nelle mani del sacerdote, è pane: nessuno apparecchia la sua tavola con quel pane, anche se in molti luoghi si usa comunemente e normalmente il pane azzimo, non lievitato e con questo si apparecchiano regolarmente le nostre tavole. Un segno, scelto per indicare una realtà significata, che ha bisogno lui stesso di spiegazioni: si è persa l’evidenza del segno! E che dire del vino, poi Sangue di Gesù: “prendete e bevetene tutti” e poi non ne viene dato a nessuno!
    Il padre predicatore tace, i fedeli, in silenzio riflettono: ci devo essere solo io di distratto in quest’assemblea.
       Ora  si canta per la benedizione eucaristica.
       E poi tutti torniamo a casa . E Gesù eucaristia con noi.
       Tutto è normale, tutto, oserei dire, è scontato e quelli di Cafarnao dovevano essere proprio degli stupidi a non aver capito il discorso di Gesù e ad averlo lasciato solo, lì, nella sinagoga, lui e i suoi discepoli."
(fra Alberto Fazzini, o.p.)

lunedì 24 settembre 2012

ERA PROPRIO IMPORTANTE RIMETTERE IN DISCUSSIONE L'INSEGNAMENTO DELLA RELIGIONE CATTOLICA?


   Era molto prevedibile, decisamente scontato, forse addirittura cercato il polverone alzato dall'incauta dichiarazione del ministro della pubblica istruzuione, università e ricerca, Profumo, al Tg.Com di qualche ora fa:

     "Credo che l'insegnamento della religione nelle scuole così come è concepito oggi non abbia più molto senso". A dirlo è il ministro dell'Istruzione Francesco Profumo che basa il suo ragionamento su un dato preciso: "Nelle nostre classi il numero degli studenti stranieri e, spesso, non di religione cattolica tocca il 30%". A questo punto, aggiunge il ministro, "sarebbe meglio adattare l'ora di religione trasformandola in un corso di storia delle religioni o di etica".
Secondo l'ultimo dossier sull'immigrazione della Caritas, tra i 700mila alunni figli di genitori stranieri, solo il 20% degli studenti stranieri è di religione cattolica. Il risultato è che, per la prima volta dal 1993, data della prima rilevazione, il numero degli alunni che non partecipano all'ora di religione ha superato il 10%."

       Molte, moltissime cose si potrebbero obiettare al ministro, non ultimo il fatto che se è vero che nelle aule scolastiche il numero degli studenti stranieri avrebbe superato il 30% ( cifra da verificare attentamente) è anche vero che comunque gli Italiani di religione cattolica restano pur sempre il 70%. La logica ci indurrebbe, se non altro, a pensare che il rispetto, almeno quello, dei desiderata dei genitori italiani, e non solo, in merito all' effettuazione o meno dell'ora di Religione valga per tutti , ma specialmente per la maggioranza, tenendo anche nel dovuto conto che lo stesso insegnamento ormai da moltissimi anni NON è obbligatorio. O forse ci stiamo sbagliando?

     Vero è che questo polverone rischia di sommergere i reali problemi odierni della scuola : mancanza ingiustificata e ingiustificabile, a tutt'oggi, di nuove indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell'infanzia e del I ciclo; precarietà e confusione nell'accesso ai TFA; assoluta incertezza circa l'accessibilità ai tanto declamati concorsi; tagli paurosi alla spesa per l'istruzione, specialmente per quell'istruzione che, quasi a costo zero per lo Stato, si impartisce nelle scuole paritarie cattoliche.

       Il dubbio che non fosse il caso di perdersi ancora una volta in questioni di principio, ma fosse urgente occuparsi di ben altro dunque permane e ci assilla.

mercoledì 19 settembre 2012

IN ATTESA DELLA RIUNIONE DELLA CONSULTA SCUOLA CULTURA EDUCAZIONE SDC...


   Riproduciamo di seguito la lettera di convocazione della Consulta Cultura Scuola Educazione delle Suore della Carità di Santa Giovanna Antida Thouret, diramata il 13 settembre u.s. dalla consigliera generale, Sr. Maria Silvia Dattrino ai membri dello stesso organismo, ritendendo che la stessa per i suoi contenuti, sintetici, ma fortemente significativi, possa essere utile a tutti i nostri operatori scolastici ed ai lettori di questo blog, che della Consulta è voce e veicolo di informazione.
   Per una più efficace preparazione dei lavori chiunque voglia può avanzare suggerimenti, indicazioni e consigli, secondo le modalità comunicative indicate nel link a destra di questa pagina. Gli stessi saranno  sicuramente utilissimi, anzi preziosi per i membri della Consulta.



  Carissimi,
   
    all’inizio del nuovo anno scolastico, desidero augurarvi buon lavoro, consapevole che la scuola, proprio perché attraversata da problemi legati ai processi di cambiamento, merita tanta attenzione.
     Siamo tutti convinti che l’educazione è una questione centrale e decisiva per una formazione autentica delle coscienze, per la qualità della vita civile, religiosa e democratica. Non cè sviluppo senza la crescita umana e culturale delle persone, senza l’esercizio di un sapere critico, senza il riferimento ai valori che costituiscono quel ricco patrimonio condiviso in grado di formare identità aperte al bene comune, all’accoglienza e al dialogo con altre tradizioni  culturali. E tale questione non interpella solo gli addetti ai lavori, ma le istituzioni e tutti i soggetti che, a diverso titolo, svolgono una qualche azione formativa con ragazzi, adolescenti e giovani. Si tratta di elaborare progetti condivisi, obiettivi chiari, individuare priorità, uscire dall’ottica dell’emergenza, suscitare collaborazioni e coinvolgimento.

     Con queste mie riflessioni desidero richiamare alla vostra attenzione  l’impegno da noi preso come Consulta Cultura e Scuola e ricordarvi che nei giorni 12-14 ottobre la Consulta si incontrerà a Roma per programmare le attività per il nuovo anno sociale in continuità con quanto finora realizzato e in sintonia con il cammino che il papa ci propone di fare nell’Anno della Fede.

    “L’Anno della Fede,… è un invito ad un’autentica e rinnovata conversione al Signore, unico Salvatore del mondo. Nel mistero della sua morte e risurrezione, Dio ha rivelato in pienezza l’Amore che salva e chiama gli uomini alla conversione di vita…(cfr At 5,31). Per l’Apostolo Paolo, questo Amore introduce l’uomo ad una nuova vita.  … Grazie alla fede, questa vita nuova plasma tutta l’esistenza umana sulla radicale novità della risurrezione. … La  “fede che si rende operosa per mezzo della carità” (Gal. 5,6) diventa un nuovo criterio di intelligenza e di azione che cambia tutta la vita dell’uomo (cfr Rm 12,2; Col 3,9-10; Ef 4,20-29; 2Cor 5,17)”.

   Cercheremo insieme di capire come, con quali strumenti e modalità, realizzare il nostro progetto educativo in un contesto sociale ed ecclesiale che esige dai cristiani un cambiamento di vita e di mentalità. …
  
    Vi assicuro la mia preghiera affinchè il vostro impegno nella scuola e in qualsiasi altro ambito educativo possa essere ricco di soddisfazioni e frutti.
 
                                                          La Consigliera generale
                                                         Sr. Maria Silvia Dattrino