sabato 27 ottobre 2012

C’E’ UNA MALALA NELLA SCUOLA ITALIANA (COMPRESA QUELLA PARITARIA CATTOLICA)?



     In Pakistan a settimana scorsa i taleban hanno sparato alla testa a Malala Yousafzai. Malala è una ragazzina di 14 anni che, a quanto riportano i media, ha mostrato un irriducibile amore per lo studio: per sè e per le ragazze come lei. I taleban hanno considerato questa attività come una minaccia al loro stile di vita e alla prevalenza della loro ideologia. Perciò hanno deciso di uccidere la quattordicenne, affinché servisse da esempio alle altre.  
     Paradossalmente il Pakistan, malgrado le terribili ideologie imperanti, malgrado i suoi riti e i suoi bagni di sangue, è forse più evoluto della nostra terra  e della nostra scuola , dove una Malala non la trovi a peso d’oro:


     Scuola italiana(statale e paritaria) 2012: lo studio da parte dei ragazzi e delle ragazze è al 90 % conformismo e consuetudine, è solo viaggio imbellettato da e per la scuola, un’improbabile scuola dopo gli ultimi decisivi colpi assestatile dai Piani Regionali di dimensionamento scolastico , che hanno  partorito orribili mostri,  e dopo le stoccate del ministro Profumo che ha ulteriormente impoverito o spazzato via quel poco che restava nell’economia dell’ istruzione, specialmente nelle scuole paritarie. Una scuola povera, inerme, inutile, che alimenta ritualità ripetitive, che parla di curriculum e continua a insegnare disordinati contenuti scimmiottati soltanto dai costosissimi libri di testo. Una scuola statale  che si abbevera  abbondantemente ai fondi europei per improbabilissimi progetti ai fondi europei, ma non riesce a creare  una cultura, una dimensione altermativa alla mentalità  consumistico-mafiosa di sempre. Una scuola paritaria che, pur non potendosi assolutamente abbeverare agli stessi fondi, tende  comunque a riprodurre  pedantemente gli errori,  le inadempienze e le stereotipie della scuola statale.
 
   Vorremmo nella nostra Scuola italiana  non una, ma cento, mille Malale, certamente non per sparare loro addosso o   per delegare loro ciò che noi adulti non siamo riusciti e non riusciamo a costruire perché non ne abbiamo voglia,  ma per svegliare gli adolescenti e i giovani di questa Italia spendacciona e arrogante , suonare loro la tromba dell’anticonformismo contro il conformismo delinquenziale sempre più sfacciato, organizzarli a chiedere i loro diritti e tra tutti soprattutto quello di studiare, studiare, studiare sul serio!
  
    Vogliono  almeno  le Chiese particolari  per un momento scendere dai loro rituali convegnistici e avvicinarsi realmente alle ferite di questa terra? In chiusura del mese missionario forse potremmo tutti almeno assumere consapevolezza che la terra di missione ( la nostra stessa scuola e le famiglie che gravitano intorno ad essa) ce l’abbiamo sotto il naso, perché è terra di sopruso, di mille povertà, terra di dominio protervo di potentati ormai evidentissimi , ma che  ci si ostina, malgrado tutto, ancora a non vedere.

sabato 20 ottobre 2012

LA SCUOLA PARITARIA DELL'INFANZIA, UNA RISORSA PER TUTTI, MA PRINCIPALMENTE PER LO STATO...


     "La recente polemica in coincidenza con la spending review che condizionerà l’organizzazione funzionale del servizio scolastico ha fatto travisare il finanziamento di 200 milioni di euro alle scuole paritarie, previsto dalla Legge 62/2000 concepita come attuazione dell’Art. 33 della Costituzione. L’annunciato finanziamento risulta notevolmente ridotto rispetto alle previsioni, in relazione ai servizi prestati e se verrà confermata l’assegnazione per il 2013 di 200 milioni di euro la scuola paritaria subirà l’ennesimo taglio, pari a 60 milioni di euro, rispetto al contributo storico, pur continuando ad accogliere nelle scuole dell’infanzia circa 660.000 bambini, cioè il 43% di tutto il servizio nazionale.
   In questa situazione, non poche scuole dell’infanzia, associate alla FISM (Federazione Italiana Scuole Materne), si vedranno costrette a cessare il servizio, con grave disagio nell’ambito delle 600.000 famiglie, alle quali, anche per il delicato momento storico di crisi economica generale, non si possono chiedere incrementi di rette.
    A ciò si aggiunge anche il rischio della perdita del posto di lavoro tra i 44.000 addetti delle scuole della Federazione e alla chiusura di tante scuole cattoliche anche storiche.
In un momento di crisi generale occorre anche fare i conti con obiettività.
     La spesa annua dello Stato per le scuole dell’infanzia nella scuola statale per un posto alunno è superiore a € 6.500,00, mentre nella scuola paritaria il contributo economico medio per alunno lo scorso anno scolastico è stato pari a € 451,25.
Dinnanzi a tale differenza di costi cosa conviene fare? Il contributo alle scuole paritarie fa certamente risparmiare al momento ben quattro miliardi di euro.
     Risulta poco produttiva la discussione sul “senza oneri per lo Stato” e la ripresa dei discorsi del Calamandrei circa la difesa della scuola statale, che indubbiamente occorre sempre difendere e garantire nel servizio e nella qualità. La riduzione del personale scolastico costituisce certamente una grave perdita e segno tangibile di una crisi generale, specie dopo gli anni dell’abbondanza e del surplus.
Ora riesce difficile rientrare nel contenimento della spesa e nella garanzia di una significativa qualità dell’istruzione e della formazione.
     Non si consideri l’intervento di sostegno alle scuole paritarie una “umiliazione” delle scuole statali, come ha scritto Nadia Urbinati su La Repubblica, occorre, invece, una fattiva cooperazione e positiva crescita nella prestazione del servizio scolastico e formativo. Di contro, si legge su Italia oggi: ”103 milioni per i libri gratis agli alunni delle scuole statali e 260 milioni in meno alle scuole paritarie” ed i giornalisti sembrano quasi voler fare i cronisti di una gara tra chi vince e chi perde, mentre si tratta sempre di ragazzi che vanno a scuola ed hanno il diritto all’istruzione,che certamente vengono privati o mortificati nell’esercizio pieno del diritto all’istruzione.
     Occorrerebbe far maturare tra i cittadini il senso della corresponsabilità nella gestione della educativa e formativa della scuola che va ben oltre i formali “organi collegiali” e dovrebbe investire tutti i cittadini fruitori del servizio scolastico nel garantire qualità ed efficienza, ricorrendo, ove necessario al “contributo volontario” delle famiglie, anche delle scuole statali, garanzia di successo per determinati servizi, quali il tempo prolungato, la refezione scolastica, e le attività di ampliamento dell’offerta formativa.
     La scuola appartiene a tutti, ed è prospettiva e garanzia di una società migliore, quindi non ci dovrebbero essere barriere ed ostacoli a garanzia del suo buon funzionamento.
    Quando lo Stato o gli Enti locali non rispondono, occorre intervenire per sollecitare e reclamare i diritti, ma nello stesso tempo, a garanzia dei servizi necessari per gli studenti, occorre darsi da fare per assicurare ai propri figli un banco, una sedie ed un’aula scolastica pulita ed ordinata. I tempi della scuola non corrispondono ai tempi delle amministrazioni ed il primo settembre comincia il nuovo anno scolastico, anche se ancora manca la delibera per gli arredi scolastici. E allora cosa fare? I ragazzini si siedono per terra perché rimasti senza banchi?
    Oltre a lamentare la cattiva attenzione verso la scuola, che senza “c” si legge “suola” e quindi viene calpestata e trascurata, occorre risolvere i problemi e la cooperazione dell’intera comunità scolastica, di cui i genitori sono parte attiva, è quanto mai urgente e indispensabile, risolvendo anche con azioni di supplenza le carenze delle amministrazioni locali.
     Il beneficio di ciò ricade sui ragazzi, i quali non hanno alcuna colpa della crisi e della cattiva gestione della res publica, ma ne potranno costruire una nuova, anche grazie ad una formazione integrale e ricca di un forte senso civico."(G.Adernò - Zenith org.)

martedì 9 ottobre 2012

LA FEDE: UN PRESUPPOSTO PERFINO NEGATO!...(e nelle nostre scuole...?)


   "Capita ormai non di rado che i cristiani si diano maggior preoccupazione per le conseguenze sociali, culturali e politiche del loro impegno, continuando a pensare alla fede come un presupposto ovvio del vivere comune. In effetti, questo presupposto non solo non è più tale, ma spesso viene perfino negato. Mentre nel passato era possibile riconoscere un tessuto culturale unitario, largamente accolto nel suo richiamo ai contenuti della fede e ai valori da essa ispirati, oggi non sembra più essere così in grandi settori della società, a motivo di una profonda crisi di fede che ha toccato molte persone. (Benedetto XVI, Motu proprio Porta fidei per l’indizione dell’anno della fede, 11 ottobre 2011, n. 2)

       L'affermazione netta e cruda del Papa ci interpella molto da vicino  in questa  vigilia dell'apertura dell'Anno della Fede sia come credenti sia come operatori di scuole cattoliche.
           Per quest'ultima dimensione  ci siamo date alcune indicazioni di massima (Cfr. thread del 28 luglio scorso su questo stesso blog) che, certo, non esauriscono affatto la preoccupazione di individuare modi, mezzi e soprattutto tempi giusti per realizzare anche all'interno delle nostre scuole dei percorsi  di evangelizzazione gradevoli ed efficaci in sintonia con quanto ci viene richiesto nel documento pontificio. Ci domandiamo però, alla luce dell'afffermazione di Benedetto XVI riportata in esordio, fino a qual punto siamo consapevoli della deriva e della "crisi di fede" in cui potrebbero versare molti dei nostri allievi e le rispettive famiglie.
        Non si equivochi! Non abbiamo la pretesa di trasformare le nostre scuole sic et simpliciter in scuole di evangelizzazione, ma sicuramente, sia pure in termini ampi e variegati, la missio ad gentes è anche missio ad discipulos, missio ad parentes, missio ad nos...!
        Non possiamo sottoutilizzare la grande portata evengelizzatrice di un'azione educativa seria, improntata ai valori dell'empatia gratuita, della pura  condivisione dei problemi personali di chi ci è affidato, della promozione umana come promozione degli ultimi e dei primi senza differenze aggiuntive, ma semmai...con molti valori aggiunti!
        Non possiamo rinunciare al ruolo di educatori cristiani e sempre più consapevoli, pur tra le immani difficoltà che siamo costretti ad affrontare ogni giorno, perchè magari "preoccupati delle conseguenze sociali, culturali e politiche del nostrio impegno...continuando a pensare alla fede come a un presupposto ovvio del vivere comune".
        E' un presupposto tutt'altro che scontato  sia all'interno delle nostre classi, sia all'interno dei nostri organi collegiali, anzi "spesso viene perfino negato"...!
      Essere  o diventare consapevoli di questo fenomeno, magari anche in modo non indolore.., potrebbe essere già una conquista.
        Le terapie verrebbero dopo: anzitutto il Vangelo e le Linee educative tracciate da Santa Giovanna Antida , subito dopo e  accanto ad essi la somministrazione quotidiana, e a dosi massicce, di tanta professionalità,  tanta preparazione pedagogica, tanta serietà di intenti, tanto coraggio e voglia di affrontare le situazioni problematiche, tanto dono di sè nella quotidiana dinamica educativa.
          E' una ricetta  proprio anacronistica?
          Buon Anno della Fede a tutti!

mercoledì 3 ottobre 2012

PREPARANDOCI AL PRIMO VENERDI DI OTTOBRE...


       In preparazione al primo venerdi di questo mese, il primo dei nove che ci saranno regalati in quest'anno scolastico, vogliamo umilmente fornire a tutte le scuole " antidiane" che ci seguono su questo blog una traccia possibile di riflessione, corredata da canti significativi, da proporre alle classi , alle quali, singolarmente o insieme con altre, a seconda delle disponibilità degli spazi,  ci si augura, verrà riservato in tutte le nostre scuole un tempo  mensile di almeno 30/40 minuti di adorazione silenziosa e animata.
       Sarà un modo dolcissimo per  vivere e scambiare generosamente i frutti immancabili di quest'anno della Fede, a partire da questo primo mese, non a caso, mariano per eccellenza.

     "Seduto qui, davanti a quest'Ostia Santa, la mia mente vola lontana… Una calda mattinata a Cafarnao. Tanta gente e il Maestro che parla di mangiare e bere il suo corpo e sangue. Persone che si ribellano alla “durezza” del linguaggio e Lui che imperturbabile continua dicendo che il suo corpo è vero cibo e il suo sangue vera bevanda e che per avere la vita eterna bisogna mangiare e bere il suo corpo e sangue: non c’è alternativa.
       Tutti se ne vanno (la storia è nota) restano solo gli apostoli: se li era scelti ad uno ad uno ed erano appena tornati, carichi d’entusiasmo, dall’annunciare il Regno. Voleva bene a quegli uomini. Saranno la continuazione della sua presenza e la garanzia di diffusione del suo messaggio, del Lieto Messaggio. Ci teneva a quegli uomini. Eppure: “Volete andarvene anche voi?” Essere mangiato, bevuto, è molto più importante che avere gli apostoli.
      Mi rendo conto di essere distratto, ma ormai non riesco più a seguire il padre …
      Quella Presenza sull’altare, circondata di luce, di fiori e soprattutto di affetto, è una Presenza inquietante.
Eppure “LUI” non ha mai detto adoratemi nei segni del Pane e del Vino; non ha mai detto portatemi in processione nelle vie dove abitate, davanti alle vostre case: cose bellissime e significative certamente, cose che ti prendono dentro e ti fanno sognare… Cose alle quali è bello partecipare: ti senti insieme a Lui, te lo trovi davanti alla porta di casa come un amico che vuole stare con te, condividere con te…
      Però ha detto “chi non mangia…, chi mangia…” proprio così ce lo racconta Giovanni cioè prima al negativo e poi al positivo: chi vuole avere la vita eterna deve mangiare il suo corpo e bere il suo sangue: non ci sono altre vie.
     Ormai la mia distrazione va a ruota libera.
    La provocazione di mangiare “la mia carne che è vero cibo” e “bere il mio sangue che è vera bevanda” forse oggi non è più una provocazione. Eppure rimane davanti a questo pane, il punto interrogativo! Come ho speso la mia vita? E se ho fatto scelte non consone alla mia fede, non mi accosterò a mangiare. Magari dirò che non mi sono confessato. Ma questo è porre la questione nel modo sbagliato e, posta così, non mi cambia la vita. 
      Il modo giusto penso che sia non mi accosto perché ho peccato. Allora è il peccato, la testimonianza di vita sbagliata che dovrò correggere e non il fatto che Dio è misericordios0o e mi accoglie nel sacramento del perdono. La confessione non è in vista della comunione ma perché abbiamo bisogno di essere accolti, perdonati, siamo infatti capaci di peccare: siamo uomini, appunto, e il “pane degli angeli” come ci ricorda san Tommaso, è il nostro cibo, il pane degli uomini in cammino verso Dio, cioè degli uomini capaci si di peccare ma anche di chiedere perdono perché desiderosi di arrivare al banchetto del Regno.

     Penso alle catechesi di quand’ero bambino “non masticate l’ostia ma deglutitela”: e il mangiare?
   Penso al precetto “udire la messa la domenica” (un tempo nel catechismo era scritto così e così, giustamente(!), c’insegnavano. Oggi il Catechismo porta “partecipare”) udire, quindi neanche “ascoltare” la Messa, cioè la cena. E già quella del Signore è una cena da udire, non da mangiare.
    E poi “prendete e mangiatene tutti” dice il prete. Vai a vedere e ti accorgi che tutti non vuol dire tutti e, anzi, se tutti, proprio tutti, facessero la comunione ci si meraviglierebbe: come a dire che ci si meraviglia che gli invitati a cena mangino. Che cose strane! Quanti attentati hanno subito questo sacramento e la cena dove il pane diventa Corpo ed il vino Sangue di Gesù.
     Si deve persino spiegare che l’ostia: quel cerchietto bianco nelle mani del sacerdote, è pane: nessuno apparecchia la sua tavola con quel pane, anche se in molti luoghi si usa comunemente e normalmente il pane azzimo, non lievitato e con questo si apparecchiano regolarmente le nostre tavole. Un segno, scelto per indicare una realtà significata, che ha bisogno lui stesso di spiegazioni: si è persa l’evidenza del segno! E che dire del vino, poi Sangue di Gesù: “prendete e bevetene tutti” e poi non ne viene dato a nessuno!
    Il padre predicatore tace, i fedeli, in silenzio riflettono: ci devo essere solo io di distratto in quest’assemblea.
       Ora  si canta per la benedizione eucaristica.
       E poi tutti torniamo a casa . E Gesù eucaristia con noi.
       Tutto è normale, tutto, oserei dire, è scontato e quelli di Cafarnao dovevano essere proprio degli stupidi a non aver capito il discorso di Gesù e ad averlo lasciato solo, lì, nella sinagoga, lui e i suoi discepoli."
(fra Alberto Fazzini, o.p.)