giovedì 25 aprile 2013

LE RAGIONI ANTICHE E NUOVE PER UN A NUOVA EVANGELIZZAZIONE ANCHE NELLE SCUOLE

Una sintesi conclusiva sulle ragioni della 
nuova evangelizzazione nei luoghi educativi.
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    Lo studio di sister Paola, pubblicato in tre parti  nelle settimane scorse,ci rimanda di continuo alla necessità e all’urgenza di una nuova evangelizzazione nei luoghi di lavoro, in particolare nei luoghi in cui si “fa” educazione e istruzione, e  in ogni caso dovunque sia possibile (e lo è sempre e dappertutto) annunciare Cristo. Ma fino a qual punto gli operatori di evangelizzazione sono, siamo legittimati  dalla Chiesa in quest’opera vitale e indispensabile?
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     L’espressione Rinnovata evangelizzazio­ne”, pur essendo stata anticipata già durante il pontificato di Paolo VI (cf. Evangelii Nuntiandi, 2, dove si parla di “nuovi tempi d’e­vangelizzazione”), è balzata alla ribalta della riflessione teologico-pastorale negli anni ’80, grazie specialmente a Giovanni Paolo II, che ne ha fatto un punto focale dei suo magistero, sin dal marzo 1983, quando, parlando ai vescovi del CELAM, invocò una evangelizza­zione “nuova nel suo ardore, nei suoi metodi e nelle sue espressioni”.  Da quel momento il papa ha parlato, a più riprese, di “seconda evangelizzazione” di “rinnovata opera di evangelizzazione”, di “nuova implantatio evangelica”, di “gigantesca opera di evangelizzazione del mondo moderno”, di “nuova evangelizzazione” e, in particolare, di “nuova età di evangelizzazione in Europa”, afferman­done l’urgenza e chiarendone il significato: “Urge dovunque rifare il tessuto cristiano della società umana.  Ma la condizione è che si rifac­cia il tessuto cristiano delle stesse comunità ecclesiali” (Christifideles laici, 34). 
     La nuova evangelizzazione consiste, dunque, nel restaurare, talvolta per­sino nel ricostruire, il “tessuto cristiano” della Chiesa e della società  – profondamente mutata rispetto al passato- in cui essa vive. La comunità ecclesiale, secondo il papa polacco, saprà rivolgere l’annuncio evangelico alla nuova società europea, in modo nuovo e significativo per gli uomini di oggi, nella misu­ra in cui riuscirà ad autorievangelizzarsi.  In questo senso la nuova evangelizzazione rappresenta innanzitutto una sorta di cartina al tornasole per verificare la radicalità evangelica della Chiesa.  Per Gio­vanni Paolo II la nuova evangelizzazione deve prima far rinascere le comunità ecclesiali, la cui vitalità si è sopi­ta e deve riportarle ad una fede matura, che si alimenti dell’incontro con Cristo e che si tra­sformi in un’esistenza autenticamente cristia­na, incentrata sulla carità evangelica e soste­nuta dallo Spirito dell’Amore.  Solo dopo aver rievangelizzato se stessa, la Chiesa potrà proiettare la luce del Vangelo sui segni dei tempi che richiedono d’essere interpretati e risolti, e sarà capace di permeare di senso cri­stico le molteplici realtà umane che anelano, oggi più di prima, di essere redente: la dignità della persona, il diritto inalienabile dei piccoli e dei deboli della terra alla vita, i fondamenta­li momenti vitali ed esistenziali dell’uomo (nascita, crescita, malattia, morte), la fami­glia, l’ansia e le speranze dei giovani, il lavo­ro e l’economia, l’impegno politico, le nuove povertà del mondo contemporaneo, il biso­gno di pace, la cultura e le culture, il crollo dei sistemi ideologici, la società intera e la sua vita (cf.  ChL, cap. III). 
       Importante quanto complesso appare, tra questi segni dei tempi, la secolarizzazione che, talvolta, in molte zone d’Europa, si caratterizza non solo come dimi­nuzione quantitativa del numero dei cristiani praticanti, ma anche e soprattutto come uno scadimento qualitativo dello stile di vita dei cristiani. Una tale secolarizzazione “qualitati­va “convive spesso, in clima di grave smarri­mento e confusione, con una religione “dello scenario”, o “dei comuni valori”, di cui parla­no oggi alcuni sociologi: una religione funzio­nale ai bisogni dell’uomo contemporaneo, ma che non possiede più il senso della trascen­denza-vicinanza di Dio, dell’adorazione e della lode, della docile e serena dipendenza dalla volontà del Signore.  Insomma, una religione del gusto, che accetta ciò che conviene e piace, ma rifiuta tutto il resto.  In tale orizzon­te è palese la crisi dei tradizionali canali di tra­smissione della fede, ancora attivi sino a qual­che decennio fa — almeno in alcune zone d’Europa — in seno alla società civile come nelle comunità ecclesiali: la famiglia, gli ambiti di lavoro, la cultura comune, le istitu­zioni sociali e quelle ecclesiali, la parrocchia intesa come vera “fontana del villaggio”.  Realtà queste un tempo ricche di riferimenti religiosi e sostenute dal credo cristiano, fedel­mente custodito e trasmesso da generazione a generazione, in forma di autentica iniziazio­ne alla vita di fede, ma che oggi, per fattori sia esterni sia interni alle comunità ecclesiali, hanno perduto la loro efficacia di fronte alle nuove situazioni in cui il Vangelo deve risuo­nare.  In tal senso l’esperienza cristiana persi­ste sì nella società secolarizzata, ma dimenti­cando la sua identità, la sua autentica valen­za redentrice, i suoi contenuti evangelici. 
  Avviene così che la fede nel Dio di Gesù Cri­sto è ridotta ad una serie di valori umani e a un conato di integrità etica, e a niente di più. Come si vede, si tratta di situazioni nuove, che dipingono il volto di un’Europa che sem­bra cambiata — o, come si dice, postcristiana — e che evidenziano un inedito iato tra comu­nità ecclesiale e società.  Situazioni nuove che la Buona Novella deve rivisitare: ecco perché si parla di nuova evangelizzazione! Infatti, la seconda evangelizza­zione — o la terza o la quarta che dir si voglia è tale non solo perché si pone in continua­zione con la prima evangelizzazione attuata duemila anni fa; o perché attinge ad un nuovo Vangelo o fa conoscere altre verità su Cristo.  Il Vangelo non si piega a nessun tipo di tra­sformismo; è sempre l’unico Vangelo di Cristo e costituisce ancora la novità della salvezza per gli uomini di tutti i tempi.  Il Vangelo è la Novità per antonomasia e si sottrae prodigio­samente all’usura protervia dei tempo che, solitamente, opacizza ciò che è nuovo ren­dendolo vecchio.  L’evangelizzazione è nuova appunto quando riesce ad esprimere la novità perenne del Vangelo, pure in un contesto di realtà inedite e davanti a interlocutori nuovi.  Essa è la Lieta Notizia di sempre: “Dio ti ama, Cristo  venuto per te!” (Sinodo Europeo, Dichiarazione, 3).  Né possono essere altri, rispetto al passato, gli interpreti della n.e., Scelti per collaborare il Cristo: gli annunciato­ri del Risorto sono sempre i suoi discepoli, che, con impegno convinto e rinvigorito, si rinnovano come comunità e si pongono davanti al mondo quali testimoni della Vita nuova, della Vita dello Spirito e nello Spirito.  Questi attori, guidati dalla sapiente regia dello Spirito della Verità, non sono solo i fedeli laici, forti della loro “indole secolare” (cf.  Lumen gentium, 31), né sono solo i presbiteri, cui pure si riconosce il ruolo di “primi nuovi evan­gelizzatori” (cf.  Pastores dabo vobis, 2).  Inter­preti della nuova evangelizzazione nell’Europa contemporanea sono piuttosto tutti coloro che, rigenerati dallo Spirito dei Crocifisso-Risorto, formano la Chiesa: è la comunità ecclesiale — comunio­ne di persone diverse, ma vincolate recipro­camente e ordinatamente nell’unità dello Spi­rito santo — il vero soggetto della nuova evangelizzazione è la Chiesa tutta che realizza la rievangelizzazione, “ad intra” e “ad extra”.  La sua stessa storia può ben leggersi come storia di una perma­nente evangelizzazione: storia del Vangelo che s’incarna, storia di evangelizzatori che annun­ciano la Novità salvifica.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Le scuole paritarie cattoliche sono lasciate a se stesse. Pochi vescovi se ne curano e le aiutano come luoghi di evangelizzazione.

M.E.